Quando ho iniziato a pensare al tema che sto per trattare, mi è subito venuta in mente la massima secondo cui ogni tanto bisogna voltarsi indietro, ricordare gli errori fatti e la saggezza che ne consegue. Spero che questo fosse anche quello che avevano in mente in Tag Heuer quando hanno pensato e realizzato la nuova linea di Carrera Glassbox, visto che in passato, di errori, Tag ne ha fatti diversi. Disclaimer: essendo un grande amante di Heuer prima e di Tag Heuer poi, tendo ad essere molto critico e a bacchettare molto la casa, perché ho questa convinzione che possano fare sempre meglio. Riassumendo il concetto: il ragazzo è intelligente, ma non si applica.
Sommario:
Provaci ancora, Tag!
D’altronde, è anche vero che Tag ha questa insolita capacità di fare le cose bene a metà: ci ricordiamo tutti la presentazione del primo movimento di “manifattura”, che fin dalla conferenza stampa ha tradito le origini orientali del progetto (Seiko); o il calibro con la spirale del bilanciere in carbonio, sparito nell’arco di una lista d’attesa di un Cellini; infine, la presentazione a Basilea del primo (questa volta per davvero) calibro di manifattura, inizialmente chiamato CH80 e poi diventato Heuer 02, incassato in un inedito modello di Carrera (guarda caso). Un orologio che i concessionari ancora aspettano, visto che non è mai entrato in produzione, e che neanche Tag è riuscita a recuperare per il proprio museo: leggenda vuole che sia rimasto tra gli oggetti smarriti della fiera.
Ma torniamo a oggi. Dopo anni di investimenti sulla linea Autavia e Monaco (neanche troppo convinti sul primo e dovuti per il secondo, grazie a Steve McQueen), pare che finalmente Tag Heuer stia riscoprendo un po’ meglio il vero spirito del Carrera, sparando sul mercato alcuni cronografi che iniziano ad avere le giuste caratteristiche per piacere anche a noi cultori-non-ancora-delusi-ma-un-po’-forse-sì del marchio. Non so se è un caso, ma questa rinnovata attenzione sull’immagine del Carrera, e in generale il collegamento tra il brand e il motorsport, si è rinvigorita anche con l’uscita del film Le Mans ’66 – La grande sfida, che per un po’ di tempo ha fornito materiale per i vari “watch spotter”, poichè i protagonisti indossavano – analogamente a quanto fatto dai rispettivi personaggi nella realtà – due cronografi Heuer (un Carrrera 7753 e un Autavia 2446).
Carrera, la creatura geniale di Jack Heuer
Era ora! Anzi, viene da chiedersi come abbiano fatto ad essere così poco convinti su un modello che ha una storia e un design del genere. Jack Heuer, uno dei primi geni del marketing tra i “fabbricanti di pendole e meridiane” là in mezzo ai monti svizzeri, aveva disegnato il primo Carrera cercando proporzioni perfette (vedi il rapporto tra contatori e indici) e funzionalità massima, con quadrante essenziale e minuteria portata sull’anello di ritenzione del vetro, dopo essersi fatto ispirare nel 1962 dalla famosa gara Carrera Panamericana (ve l’ho detto che era un genio del marketing). Da qui la nascita del capostipite nel 1963, il Carrera 2447, che ancora oggi per me rappresenta la quintessenza del cronografo sportivo, e che anche allora, comunque, condivideva con il sarà-famoso rolex daytona base meccanica e fornitore del quadrante. Tanto male non doveva essere, insomma, anche cercando di essere il più oggettivi possibile.
“Glassbox”: la nuova generazione di Carrera
Comunque, saltando e piè pari cosa (non) è stato fatto da allora fino a oggi, soprattutto le versioni solo tempo del Carrera che per me sono quasi una bestemmia, dicevamo che finalmente sono stati presentati dei modelli con delle specifiche interessanti. Il nuovo “Glassbox” ha debuttato nel 2023 con due versioni di quadrante da 39mm di cassa, una rarità ormai, il calibro di manifattura aggiornato con ricarica bidirezionale e un particolare vetro zaffiro che ingloba un rehaut spiovente e che si mangia tutta la lunetta (dettaglio di fatto assente su queste varianti), una soluzione che corregge le distorsioni dello zaffiro sui bordi. Ora, la versione blu è interessante, anche se non capisco questa tendenza a usare un terzo contatore nascosto: o lo metti o non lo metti dico io. La versione che mi ha fatto davvero ingrifare, però, è quella reverse panda che un mancava nel catalogo e che tutto sommato mantiene un design classico, nonostante la data a ore 12. Questa potrebbe anche rappresentare un tributo ai Carrera 45 Dato vintage, ma di fatto è illeggibile a cronografo resettato. Menzione di merito va poi anche alla reinterpretazione dello Skipper, uscita più recentemente, che rispolvera i fasti dei cronografi da regata e reinterpreta in chiave moderna il cosiddetto “Skipperrera” (lo vedremo più avanti).
Il primo “glassbox”: Carrera Telemeter Cal. 18
Confesso però che non è di questi orologi che vorrei parlare ora, anche se probabilmente avrete inteso la mia opinione, riassumibile in un “bene ma non benissimo”. Piuttosto volevo focalizzarmi su quei modelli che li hanno preceduti e dai quali i nuovi hanno attinto per quanto riguarda alcune specifiche. Infatti le caratteristiche salienti del nuovo Carrera, ossia la cassa da 39mm e questa particolare struttura del vetro, sono già state sperimentate, per così dire, da una serie di versioni collocate nella linea heritage del brand, cioè quella che riporta il mitico logo storico di Heuer sul quadrante.
Ebbene, il primo orologio di questa sotto-famiglia è il Carrera Telemeter Calibre 18 (ref. CAR221A), che nel 2015 portò al debutto questa inedita cassa da 39mm, ispirata per quanto possibile al Carrera 2447 nel disegno delle anse e nelle proporzioni, e il particolare vetro iper-bombato, vistosamente sporgente dal profilo della cassa e rinominato, appunto, “glassbox”. Gli orologi che seguono avranno tutti in comune questi elementi e si differenzieranno, di fatto, solo per quadrante e base meccanica.
Il cosiddetto Telemeter è stato il primo: presentava un quadrante a due contatori abbastanza accentrati, cosa imposta dal calibro 18 (di fatto il “panino” ETA) nella colorazione che tradizionalmente era la preferita di Jack Heuer, un reverse panda su base silver. Non era una edizione limitata ed aveva, appunto, la scala telemetrica sul bordo del quadrante.
Gli altri Carrera “Glassbox”
Il Telemeter è stato poi la base di partenza per due edizioni limitate che hanno avuto notevole successo e, in un secondo momento, per quella che abbiamo già definito come linea Carrera “glassbox”: lo Skipper di Hodinkee (ref. CAR221B, predecessore del modello introdotto quest’anno) ed il Blue Dreamer di Revolution (ref. CAR221C), il primo prodotto in 125 pezzi ed il secondo in 100 esemplari.
Le due edizioni limitate si ispiravano, in modo diverso, al Carrera Skipper ref. 7754, una sorta di unicorno per i collezionisti del marchio, molto difficile da reperire e non sempre arrivato a noi con quadranti in buone condizioni (ci fu addirittura un mezzo scandalo qualche anno fa, quando una nota casa d’aste modificò le foto di un esemplare per nasconderne qualche “difettuccio”).
L’arrivo del calibro Heuer 02
Arriviamo al 2018, quando qualcuno in casa Tag Heuer si ricorda finalmente di avere a disposizione un bel calibro proprietario, certamente migliore delle basi ETA modulari per replicare la disposizione dei contatori dei movimenti Valjoux usati nelle prime referenze di Carrera.
Così, sulla cassa Carrera “glassbox” arriva il calibro Heuer 02, senza data, e tale schema meccanico debutta con un’edizione limitata in 500 pezzi disegnata da Hiroshi Fujiwara: il Carrera Fragment (ref. CBK221A), che a sua volta trae ispirazione da una rara versione del primo carrera, la referenza 2447NT. A partire da questa variante possiamo considerare ormai avvenuto il passaggio al calibro di manifattura come base meccanica e, sostanzialmente, tutte le versioni successive del Carrera Glassbox si differenzieranno solo per il quadrante, mantenendo inalterata la cassa da 39mm, le anse da 19mm e il vetro iper-bombato.
Ma mentre il Fragment presentava un disegno particolare del quadrante, senza indici e con i contatori leggermente più grandi del solito, in stile “big eye”, dal 2020, con la presentazione di due varianti per commemorare i 160 anni del marchio, si torna ad un design più classico e a proporzioni più tradizionali. Tra l’altro, per riprendere ancora più fedelmente i modelli vintage, cambia perfino il disegno interno dei contatori a ore 6 e ore 9, visto che il calibro Valjoux 72 aveva i secondi continui a ore 9 e non a ore 6 come il nuovo calibro Heuer 02 (che però consente, per il resto, di ricalcare abbastanza fedelmente le proporzioni dei vecchi cronografi).
Da qui, appunto, l’orologio sarà sempre lo stesso, tranne che per il quadrante. Per citarle tutte, le varianti che arriveranno saranno le seguenti:
- il Carrera Silver Anniversary (ref. CBK221B), già menzionato, presentato in occasione dei 160 anni della casa compiuti nel 2020, in edizione limitata a 1860 pezzi e ispirato al Carrera 2447S del 1964;
- il Carrera Montreal Anniversary (ref. CBK221C), stesso anno e stessa ricorrenza del precedente modello, ma questa volta in 1000 pezzi e ispirato nei colori al Montreal Caliber 12 ref. 110.503 del 1972;
- il Carrera Green Limited Edition (ref. CBK221F), nel 2021, identico al modello silver tranne che per il colore verde scuro del quadrante, in 500 esemplari;
- il Carrera Red Dial Limited Edition (ref. CBK221G), nel 2022, in 600 pezzi;
- il Carrera Panda 60th Anniversary (ref. CBK221H), probabilmente il più bello della famiglia, sicuramente il mio preferito, presentato nel 2023 per celebrare i 60 anni del Carrera, ispirato alla referenza 2447SN e prodotto in 600 esemplari.
Ora, ad essere onesti, da questo elenco ho volutamente lasciato fuori la Limited Edition per Hodinkee, ma solo perché a colpo d’occhio (o a cazzotto in un occhio) è abbastanza diversa dalle precedenti: il Carrera Dato Limited Edition (ref. CBK221D), presentato nel 2021 in 250 pezzi, ricalca infatti la referenza 3147N, abbandonando il design a tre contatori e recuperando la data a ore 9 (da qui Dato 45), ma sempre con la medesima base meccanica degli altri Carrera Glassbox. Che vi devo dire? Da Hodinkee devono comunque sempre far vedere che sono più nerd degli altri.
Conclusioni
Se siete arrivati fino a qua nella lettura vuol dire che siete masochisti o che la vostra passione per gli orologi è diventata ormai una fissazione. In entrambi i casi può essere un valido spunto per usare il bonus psicologo (girate il mio IBAN al terapeuta per la parcella, nel caso). Comunque, cercando di tirare le fila del discorso, vi dicevo in apertura che Tag tende a rivisitare modelli gloriosi del passato, ma anche a fare errori di percorso. La linea Glassbox, secondo me, non rientra tra questi, anzi, è uno spiraglio di buon gusto in un catalogo molte volte sopra le righe. L’errore sta – mi dispiace mamma Tag, ma la bacchettata te la prendi lo stesso – nell’averci messo tanto tempo a puntare con convinzione su questi stilemi e, forse, nelle tante varianti in edizione limitata.
I nuovi Carrera Glassbox della linea moderna, per intenderci quella con logo Tag Heuer sul quadrante, benché presentino delle sbavature, sono comunque da premiare, visto che rielaborano le linee del passato in un modo convincente. Certo, tranne che per quella scritta “Tag Heuer” al posto del logo “Heuer”.
P.S. Rileggendo questo articolo mi sono accorto che tag heuer, ad un certo punto, ha saltato la referenza CBK221E, senza motivo, visto che nel corso del 2021 siamo passati direttamente dalla CBK221D alla CBK221F. Ho provato ad indagare, ma ancora non ho scoperto niente. Che sia una referenza rimasta nel cassetto o riservata ad una edizione limitata in collaborazione, ma mai andata in produzione?